MARIO CAGOL – ANDREA GIARETTA
Tante stazioni italiane sono state per diversi anni (forse decenni) luoghi poco curati, spesso degradati, nei quali difficilmente ci si sentiva al sicuro al di fuori degli orari di maggiore frequentazione. È ancora così?
RFI e diversi enti locali hanno recentemente avviato un percorso di trasformazione e rivalutazione delle stazioni in tutto il territorio nazionale.
Ne abbiamo parlato con Mario Cagol, RUP di STA – Strutture Trasporto Alto Adige, e Andrea Giaretta, Direttore Lavori e Coordinatore della Sicurezza in appalti pubblici per la realizzazione di strade e ferrovie, con particolare riferimento al progetto del nuovo Centro di Mobilità di Bressanone (BZ).
Nel sito web di RFI si legge che, sin dalla loro nascita nell’Ottocento, le stazioni hanno accompagnato l’evolversi del territorio in cui erano inserite, assecondando mutamenti ed esigenze emergenti, diventando elemento propulsore di sviluppo urbanistico. Le stazioni sono dunque da intendersi non solo come spazi deputati al movimento, al viaggio e allo scambio, ma anche come luoghi in grado di stimolare e accompagnare “l’evolversi del tessuto urbano”. Ogni stazione – piccola o grande che sia – ha dunque in sé la potenzialità di generare effetti positivi nel proprio territorio. In che modo la progettazione ingegneristica può contribuire a trasformare le stazioni in luoghi in grado di contribuire alla qualità e all’attrattività del contesto di cui fanno parte?
Mario Cagol – La stazione è il biglietto da visita di una città. La sfida che gli ingegneri sono chiamati ad affrontare risiede nel saper progettare un luogo che sappia accompagnare gradualmente ogni viaggiatore che scende dal treno verso il contesto urbano. Per farlo la stazione deve esprimere l’identità del luogo in cui è stata costruita, possedendo parallelamente caratteristiche che la rendano accogliente per chi arriva. Penso ad esempio a quanto un ambiente bello sia più attraente e accattivante di uno che non lo è. Come ingegneri siamo dunque chiamati a progettare tenendo a mente la bellezza oltre alla funzione: una bellezza che non si acquisisce, ma che si genera nel progetto.
“La bellezza è cosa complicata” diceva Platone nell’Ippia Maggiore. Quando incontriamo qualcosa di bello – sostiene Platone – siamo in grado di ascendere dal nostro mondo particolare e contingente verso il mondo universale delle idee. La bellezza è quindi occasione di propulsione del pensiero.
Un progetto è, infatti, bellezza quando sa andare oltre la soluzione più immediata e scontata, scegliendo di interrogarsi e mettersi in discussione per arrivare a generare la migliore risposta percorribile. Questo è il compito dell’ingegnere: risolvere ogni problema ricorrendo all’ingegno.
Andrea Giaretta – È questa la direzione che si è deciso di intraprendere in occasione dei lavori di costruzione del nuovo Centro di Mobilità presso la Stazione ferroviaria di Bressanone, concepito non solo per potenziare l’offerta di trasporto pubblico, ma anche e soprattutto per migliorare sensibilmente l’integrazione e l’interazione tra le diverse offerte di mobilità. L’amministrazione provinciale e comunale, l’azienda di trasporto pubblico locale, i progettisti hanno scelto sin da principio di trasformare questo progetto in una opportunità di lettura delle esigenze del contesto e delle domande degli utenti, suggerendo una proposta progettuale che fosse specifica, in grado di generare l’innovazione attesa e allo stesso tempo valorizzare l’esistente. Un Centro di Mobilità, dunque, in grado di rappresentare efficacemente il contesto nel quale è inserito, diventando allo stesso tempo interfaccia accattivante per gli utenti. Solo per fare alcuni esempi: la piazza su cui si affaccia il nuovo hub
intermodale sarà dotata di una fontana per l’acqua aperta a tutta la cittadinanza e a disposizione di chi arriva in stazione o da lì parte a piedi o in bicicletta. Abbiamo progettato un’area verde dotata di panchine dove sostare per pianificare il proprio viaggio o semplicemente riposarsi. Prendendo liberamente ispirazione dello Speakers’ Corner di Hyde Park a Londra, anche di fronte al Centro di Mobilità sarà realizzata un’area – dotata di un impianto tecnologico appositamente studiato – destinata a coloro che vorranno intavolare discorsi pubblici e dibattiti o intrattenere i passanti con della buona musica. I parcheggi destinati ai portatori di handicap saranno collegati ad una app che permette all’utente di verificare con anticipo che il posto auto sia libero o meno; sono stati previsti i “parcheggi rosa” dedicati alle famiglie e l’area kiss&ride.
Si tratta di servizi che accrescono la qualità della Travel Experience non solo del turista ma anche del cittadino.
Una buona progettazione ingegneristica (ovvero una progettazione ingegneristica che generi bellezza) è quindi certamente guidata dalla creatività e dalla capacità di interpretare il contesto nel quale l’opera sarà inserita. Quali altri elementi è necessario tenere a mente?
MC – È necessario applicare convinzione: una presa di responsabilità nei confronti delle scelte progettuali che ogni ingegnere compie nel proprio lavoro, sentirsi madri e padri del progetto a tal punto da poterlo fermamente difendere dalle critiche alle quali inevitabilmente andrà incontro, conoscerlo dettagliatamente nella sua interezza così da poter valutare in modo efficace le scelte da compiere in fase realizzativa, non facendosi guidare semplicemente dall’applicazione delle normative vigenti, ma ingegnandosi per trovare la risposta capace di valorizzare – non solo interpretare – il contesto nel quale il progetto è inserito. Non sempre (anzi, quasi mai) la soluzione migliore coincide con la soluzione più semplice. È a questo punto che entrano in gioco la competenza e la passione che dovrebbero guidare il lavoro degli ingegneri. Quella passione che nasce dalla consapevolezza di realizzare un progetto per una comunità, portatore di un messaggio e di specifici significati.
AG – Aggiungerei un ulteriore elemento che potremmo chiamare “ingegnerizzazione del sistema”, ovvero la capacità di accrescere e massimizzare le potenzialità del progetto, curandone non solo i dettagli tecnici, ma anche la struttura organizzativa che ne consegue e facilitando costantemente ed efficacemente il confronto tra tutti gli stakeholder.
Affinché il Centro di Mobilità di Bressanone possa funzionare al meglio sono stati chiamati a dialogare i rappresentanti dei sistemi di mobilità locale, al fine di offrire all’utente un servizio utile e performante: la tabella oraria degli autobus – solo per fare un esempio – sarà allineata agli orari di arrivo e partenza dei treni e il servizio di bike rental garantirà la possibilità di affittare biciclette ad alte prestazioni adeguate ai percorsi ciclabili che partono da Bressanone.
È, quindi, fondamentale saper mantenere una visione di sistema che permetta di coordinare tutti gli attori e tutte le discipline coinvolte in uno stesso progetto.
Gli ingegneri sono chiamati a progettare con lungimiranza: le opere realizzate oggi verranno, infatti, utilizzate per i prossimi decenni, divenendo eredità per le generazioni future. Quali soluzioni progettuali innovative si è scelto di applicare nel Centro di Mobilità di Bressanone per rendere questo hub intermodale adatto anche all’utenza di domani?
MC – Innanzitutto credo sia necessario interrogarsi sul modo in cui i progetti ingegneristici interagiscono oggi con l’utenza. Sono stati compiuti enormi passi avanti sotto questo punto di vista, da parte tanto dei progettisti, quanto degli enti nazionali e locali.
Se pensiamo alle infrastrutture per il trasporto pubblico, ma anche alle stazioni o agli hub intermodali è importante immaginare diverse soluzioni di interazione studiate per diverse utenze. La prima utenza a cui dobbiamo pensare sono gli abitanti del luogo in cui sorgerà la nuova infrastruttura, coloro che ospiteranno sotto casa il cantiere e che vedranno trasformare il proprio quartiere. Perché queste persone potessero accogliere al meglio il progetto e comprendere le fasi di evoluzione dei lavori, a Bressanone abbiamo scelto di delimitare il cantiere con pannelli che prevedessero delle “finestre” attraverso le quali i cittadini potessero costantemente vedere che cosa stava accadendo.
Abbiamo anche scelto di rendere pubblico il progetto esecutivo del Centro di Mobilità in una forma che potesse essere comprensibile a tutti. Si tratta di attenzioni importanti che permettono di aprire un canale comunicativo con la popolazione e mantenere un atteggiamento di apertura fondamentale per la buona riuscita dell’opera e per la sua interazione con il territorio.
Allo stesso tempo, partendo dal presupposto che gli utenti preferiscono il trasporto pubblico al mezzo privato quando si sentono accolti e al sicuro, a Bressanone abbiamo sviluppato un progetto di wayfinding che ponesse al centro la persona: percorsi altamente intuibili nei quali le barriere architettoniche fossero ridotte all’essenziale e la segnaletica venisse sostituita da una pavimentazione progettata ad hoc. Si tratta di una soluzione lungimirante che guarda all’utenza di domani, rispondendo parallelamente ai canoni di efficacia e bellezza che rendono l’opera attraente per chi ne fa uso già oggi.
AG – La progettazione ingegneristica lungimirante chiama in causa tanti dei concetti che abbiamo esplorato sino a qui, ma ritengo necessario citarne almeno un altro, ovvero la capacità del progetto di modificarsi in base alle risposte che ottiene dall’utenza. Sono convinto che ogni progetto dovrebbe quindi mantenere – quando possibile – un margine di elasticità che gli permetta di essere implementato, sviluppato e di cambiare in base all’evolversi della domanda. In questa direzione va la scelta compiuta presso il Centro di Mobilità di Bressanone in merito al parcheggio coperto per biciclette.
A livello progettuale, sin da principio, si è scelto di dedicare una parte degli stalli disponibili all’uso privato (l’utente paga un abbonamento per garantirsi un posto bici comodo e sicuro), lasciando la restante parte ad un uso pubblico.
Per dividere le due zone del parcheggio è stata realizzata una parete – accuratamente scelta tra le diverse alternative disponibili – che di fatto rende l’area completamente modulabile e quindi in grado di essere facilmente modificata in base alle risposte che si otterranno dall’utenza.
Attenzione alla bellezza, valorizzazione del contesto, capacità di progettare prestando attenzione all’utenza di oggi e di domani: sono questi gli elementi che la progettazione ingegneristica dovrebbe tenere a mente per cambiare il destino di luoghi oggi degradati e per progettarne di nuovi che potenzialmente non lo diventeranno mai.
Mario Cagol, classe 1967, nato e vive a Bolzano, RUP di STA – Strutture Trasporto Alto Adige da 20 anni. Il suo motto è ‘’Nulla dies sine linea”.
Andrea Giaretta, classe 1961, nato a Milano, vive a Padova. In NET Engineering da oltre 18 anni, svolge il ruolo di Direttore Lavori e Coordinatore della Sicurezza in appalti pubblici per la realizzazione di strade e ferrovie.