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Parola d’ordine: sostenibilità

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Best practice e strategie d’azione

PIERLUIGI SASSI

L’urgenza di identificare interventi che favoriscano uno sviluppo più sostenibile del nostro Pianeta è oramai da tempo oggetto delle diverse agende istituzionali, a livello nazionale, europeo, globale. Ma i tempi di attuazione di misure operative realmente incidenti sui fattori critici non sono più compatibili con l’evoluzione che la Terra sta avendo. Straordinariamente rapida. Incredibilmente drammatica. Diventa quindi indispensabile, ineludibile, un cambio di passo, con la messa in campo anche di azioni “dal basso”, che possano, da un lato, favorire la diffusione di buone pratiche e cambiare le abitudini dei cittadini, dall’altro, incidere ulteriormente sulla programmazione istituzionale. In tal senso, quali sono gli ambiti della nostra vita quotidiana sui quali è necessario intervenire in modo prioritario? E quali le principali iniziative già messe in campo dai singoli in questa direzione?

PIERLUIGI SASSI – Ci troviamo in un paradosso kafkiano: da 30 anni le Nazioni Unite si fanno promotrici di un dialogo sul tema del cambiamento climatico, ma – in assenza di una vera gerarchia decisionale – i rappresentanti dei governi mondiali hanno sfruttato, e sfruttano ancora, le Conferenze sul clima non tanto per discutere del problema in corso, quanto per difendere la propria posizione concorrenziale nei mercati in ragione del cambiamento climatico. È un paradosso che genera una paralisi istituzionale. Tanto è vero che – nonostante 26 Conferenze sul clima – le emissioni hanno continuato ad aumentare, superando la soglia di irreversibilità. Oggi, però, l’economia sta iniziando a dare segni di squilibrio mostruoso. La BCE, durante il suo secondo Stress test, ha dimostrato che il PIL europeo rischia il calo e che 40 banche europee su 100 potrebbero fallire a causa delle somme che dovranno assicurare alle imprese che hanno subito danni dovuti al cambiamento climatico. È la descrizione di un sistema economico-finanziario che sta crashando. È significativo il fatto che l’enciclica “Laudato Sì” di Papa Francesco sia l’unico documento sul tema della sostenibilità ad aver convinto

governi e istituzioni a livello globale, raccogliendo l’adesione da parte dei rappresentanti anche di religioni diverse dal cristianesimo. All’enciclica ha fatto seguito una piattaforma online, nata con l’obiettivo di raccogliere e attivare dal basso iniziative a favore dell’ambiente. Oggi, infatti, le persone stanno vivendo sulla propria pelle le conseguenze del cambiamento climatico: caldo, disastri ambientali, specie animali e vegetali in via di estinzione. Questa situazione genera un forte senso di insoddisfazione nei consumatori, che hanno iniziato ad orientare in modo più severo le proprie scelte di consumo (e di voto). Le opportunità per cambiare le cose dal basso non mancano. Ogni famiglia e ogni impresa oggi può produrre autonomamente energia rinnovabile, aderire alle comunità energetiche, accedere agli incentivi statali a sostegno di queste iniziative. Lo stesso vale per la mobilità: si possono scegliere forme di mobilità sostenibile, si può addirittura scegliere di ridurre la propria mobilità sfruttando le piattaforme tecnologiche a nostra disposizione. È fondamentale, dunque, che ciascuno cavalchi questi temi negli ambiti all’interno dei quali può fare la differenza.

In questo contesto, le organizzazioni d’impresa sono chiamate certamente a partecipare attivamente a questa “impresa”, sfidante negli obiettivi, ma anche potenzialmente molto pervasiva ed incisiva nei comportamenti quotidiani di tutti noi. Già molte sono le organizzazioni che stanno facendo della sostenibilità uno dei temi fondanti della propria mission. Quali azioni concrete possono mettere in campo le realtà aziendali di piccole-medie dimensioni – tipiche del tessuto imprenditoriale italiano – per ridurre la propria impronta ambientale? Quali le innovazioni da conoscere in questo ambito?

PS – Le imprese ricoprono certamente un ruolo centrale in questo contesto. Inizialmente negavano completamente il tema in nome del profitto; a seguire c’è stato il fenomeno del green washing, ovvero “diamoci una dipinta di verde, ma sostanzialmente facciamo le stesse cose di prima raccontandole in modo sostenibile”. Ora che siamo in emergenza, anche le imprese iniziano a chiedersi come essere veramente sostenibili, ovvero come creare valore per l’ambiente e per la società (questo significa essere sostenibili), a fronte delle ricchezze del Pianeta che sfruttano per produrre i propri beni o servizi.
Tra due anni i Bilanci di sostenibilità saranno obbligatori e per accedere ai fondi di investimento sarà necessario dimostrare – attraverso apposite metriche – il proprio rispetto dei migliori fattori ESG. I grandi marchi potranno scegliere solamente fornitori sostenibili ed è per questo che sin da oggi le imprese devono affrontare in modo realistico un percorso verso la sostenibilità. Il rischio è trovarsi fuori dalle supply chain e non poter lavorare.

Gli stessi governi – che spendono 6 trilioni di euro all’anno a livello globale in progetti che depauperano l’ambiente – chiamano le imprese ad agire. Per le imprese è quindi arrivato il momento per essere le vere protagoniste.
Sul tema della mobilità, per esempio, le imprese dovranno farsi carico della CO₂ che generano e dell’impatto che hanno sul territorio, includendo nel calcolo anche gli spostamenti casa-lavoro dei propri dipendenti.
Diversi sono gli incentivi a favore della sostenibilità della mobilità delle imprese. A questo scopo è stata creata la Green Mobility Platform che, dialogando con altre piattaforme, permette di identificare e misurare i parametri di valutazione della sostenibilità aziendale (quale carburante per i veicoli? Quale manutenzione?), certificando a livello europeo la riduzione delle emissioni di CO₂ delle singole imprese e suggerendo upgrade personalizzati (sharing mobility di comunità, flotte condivise tra aziende che permettono anche di ridurre i costi per le singole realtà imprenditoriali, etc.).

La rigenerazione urbana costituisce un altro grande pilastro di attuazione di misure per lo sviluppo sostenibile, orientate a quegli ambiti urbani che maggiormente possono contribuire nella riduzione delle emissioni inquinanti, nel consumo energetico, nell’innesco di un circolo virtuoso che parte dalle abitudini quotidiane e giunge a nuovi modelli di vita urbana. Oggi sono numerose le iniziative nell’ambito della progettazione architettonica e infrastrutturale urbana, diversi sono i concorsi nazionali ed internazionali relativi alla rigenerazione di aree urbane che sollecitano il progettista a immaginare nuovi modelli di sviluppo. In questo contesto, come vede possibile un approccio “dal basso” che possa portare a misure innovative e rapidamente realizzabili?

PS – Se parliamo di sostenibilità non possiamo non tenere conto delle città. Le città sono protagoniste del cambiamento climatico perché negli spazi urbani si consuma molto, ma parallelamente è nel governo delle città che i progetti di sostenibilità possono attecchire e fare la differenza. Credo che le città vadano innanzitutto ripensate: sino ad ora gli spazi urbani sono stati progettati per generare efficienza economica, non ambientale e sociale. Bisogna riprogettare questi stessi spazi non solo

per assecondare e guidare i cambiamenti culturali, per generare abitudini e comportamenti sostenibili, ma anche e soprattutto per non lasciare spazio a comportamenti non sostenibili. Lo stesso vale per le nuove tecnologie – che sono l’altro strumento a nostra disposizione verso la sostenibilità: è necessario che le nostre città vengano ripensate per accogliere soluzioni tecnologiche all’avanguardia in grado di rendere la nostra quotidianità più rispettosa dell’ambiente e del Pianeta.

Pierluigi Sassi – È presidente di Earth Day Italia, l’organizzazione che celebra la Giornata Mondiale della Terra delle Nazioni Unite ed opera per la sensibilizzazione ambientale attraverso campagne informative e di comunicazione. Collabora con numerose aziende multinazionali ed enti pubblici di ogni livello istituzionale. È stato Segretario Nazionale dei Giovani Imprenditori Cristiani;

consulente dell’ABI e della Presidenza del Consiglio dei Ministri; direttore dell’osservatorio regionale sull’opinione pubblica presso la presidenza della Regione Lazio. Ha fondato collane editoriali e rubriche giornalistiche ed ha collaborato con RAI/Sky/La7/TV2000 alla produzione di diversi programmi radio televisivi.

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