Percorsi tra storia, tecnologia e futuro.
La realizzazione di un ponte non si limita solamente al progetto dell’impalcato ma bensì a tutto il complesso di opere che lo compongono: sostegni, fondazioni, massa del terreno coinvolto e, non ultimo, il contesto ambientale più prossimo e allargato in cui è inserito. Il ponte in sé è un manufatto architettonico e ingegneristico che risponde a precise esigenze di ordine tecnico, infrastrutturale ed estetico.
L’edificazione di un ponte è un atto creativo assimilabile al concepimento di un’opera d’arte, cui concorrono competenze scientifiche e artistiche unitamente a capacità, lungimiranza, prospettiva e abilità nella gestione delle risorse disponibili.
In questo periodo storico sempre più emerge la necessità di comporre in un unicum le capacità specifiche che attengono alle varie fasi di progettazione, in particolare dell’opera d’arte infrastrutturale: dagli stackeholder, ai gestori del territorio, ai progettisti e ai designer.
In tal senso, la best practice che da molti anni si persegue in NET Engineering – a prescindere dallo specifico luogo e dal committente con cui si opera – ha portato al consolidamento del metodo dell’ingegneria di sistema e a una maturazione culturale e professionale che ha generato la moltiplicazione del numero dei punti di vista possibili.
Tale approccio, consolidato negli anni e capace di orientare il progetto verso interventi di ridefinizione delle relazioni tra natura e intervento dell’uomo, trova applicazione anche nelle più recenti realizzazioni di ponti, protagonisti di questa sezione.
Il Viadotto Darwin
Nodo viario Padova Est – Padova – 2006
Il Viadotto Darwin firma con la sua presenza il nodo viario in corrispondenza dell’uscita autostradale di Padova Est e dell’infrastruttura di collegamento fra Corso Argentina e la SS 308: interamente in acciaio, con una luce complessiva di 550 metri a 11 campate, è costituito da tre archi in acciaio (di luce 150 metri, alti 25 metri sul piano stradale), sovrastanti l’impalcato.
Questo ponte assomma in sé molti concetti, anche innovativi, che agli inizi del millennio si sono voluti introdurre in un’opera iconica che caratterizzasse l’accesso da est alla città di Padova. Si tratta un ponte urbano, tipologia che si caratterizza dal poter esser osservata non solo in prospetto e da chi lo percorre, ma anche da chi lo sottopassa.
Dal punto di vista compositivo, si è adottata una sezione a guscio che trascende i normali criteri delle sezioni da ponte a cassone (che tradizionalmente individuano anime e piattabande), ma risulta più simile nella concezione a quella dei profili alari adottati nelle costruzioni aeronautiche.
Si scelto di adottare una completa continuità strutturale tra l’impalcato e le pile metalliche: il concetto di continuità strutturale è divenuto l’elemento guida da perseguire in tutta l’opera che risulta discontinua solo alle estremità (sulle spalle di passaggio ai rilevati d’approccio), mentre impalcato, pile e fondazioni – comprese le rampe laterali di accesso – risultano totalmente continue, ovvero senza cerniere, appoggi o snodi di qualsivoglia natura.
Quanto ottenuto, produce l’effetto di far percepire il manufatto come un tutto unitario e coordinato. Occorre ricordare che il ponte è asservito ad uno snodo stradale di fondamentale rilevanza sull’anello tangenziale della città.
Seppur significativo dal punto di vista formale, il viadotto inizialmente appariva come un’opera “bassa” in un territorio di pianura: al fine ovviare a ciò, si sono previsti ampi ed alti archi illuminati con l’intendimento di rendere visibile l’opera a distanza e farne simbolicamente un gate.
Di per sé tali archi non hanno una funzione statica e solo marginalmente di illuminazione, ma rappresentano comunque un episodio strutturale notevole per le dimensioni e l’interazione con il vento. Gli archi riprendono una forma caratteristica dell’architettura padovana, che, da tipica città porticata, ritrova nell’arco uno dei suoi elementi più ricorrenti.
Il Viadotto Darwin è l’archetipo del concetto formale del ponte monumentale, ovvero dell’opera che introduce importanti elementi non direttamente connessi alla funzione da svolgere, bensì a una funzione più rappresentativa, quella di accesso a un determinato luogo.
Gli elementi innovativi introdotti nell’opera all’epoca della concezione sono stati: il concetto di ponte integrale – ovvero dotato di continuità tra impalcato e sostegni su ponti di dimensioni ragguardevoli – e la sezione a guscio.
Il Ponte Adriatico
Il ponte strallato dell’asse nord-sud di Bari – 2016
Concepita nelle forme da Carlos Fernandez Casado e progettata da NET Engineering, l’opera è destinata a sanare una profonda cesura nella continuità dello schema viabilistico e urbano barese, in attesa di completamento da più di trent’anni in un’area di potenziale espansione urbana ma criticamente intersecata dall’infrastruttura ferroviaria.
L’asse costituirà dunque uno dei collegamenti funzionali al superamento del nodo ferroviario, tema oggetto di un concorso di progettazione urbanistico di amplissimo respiro e coinvolgimento sociale. Il tracciato viene a inserirsi in un’area alquanto degradata, a ridosso di un fascio binari ferroviario. L’obiettivo era, pertanto, duplice: da una parte risolvere il tema infrastrutturale e viabilistico, dall’altra riqualificare, in termini di arredo e di organizzazione, il contesto ambientale.
Nasce così un’opera iconica che dichiara i suoi rilevanti contenuti ingegneristici attraverso la soluzione del recupero territoriale unita alla funzione essenziale di collegamento: un ponte strallato bilanciato, con unica antenna centrale a Y rovesciata, sotteso su doppia luce da 112 metri posta a superamento del fascio di binari ed in continuità strutturale con i viadotti d’accesso, per una lunghezza complessiva strutturale di 626 metri.
La posizione cittadina del ponte e le sue dimensioni hanno richiesto una progettazione particolarmente attenta all’aspetto estetico, e, per volere della stessa amministrazione, in grado di qualificare e caratterizzare positivamente il territorio. La necessità di superare con leggerezza e con un minimo impatto un elevato numero di binari ha spinto verso la scelta di una struttura non convenzionale, quanto le stesse fasi di costruzione, che prevedono il varo dell’impalcato a spinta, dalle spalle verso il centro, senza interessare la circolazione ferroviaria sottostante.
In quanto ponte urbano, si è cercato di curare l’aspetto e l’ordine formale anche nella parte inferiore del viadotto, ad esempio con la scelta per i sostegni di sezioni arrotondate, la presenza degli elementi lineari per l’impalcato e con la scelta di particolari pattern per le superfici a vista dei muri di contenimento dei rilevati d’accesso.
La sfida principale, nella fase di redazione del progetto, ha riguardato il tempo a disposizione per passare dal concept dell’opera al Progetto Esecutivo di dettaglio. Si è pervenuti al risultato concependo un processo ad hoc di estremo dettaglio: un vero e proprio “progetto del progetto”.
Sotto il profilo tecnico organizzativo, la prestazione progettuale erogata ha condotto a definire l’opera attraverso tutte le fasi permettendo alla committenza di intraprendere la gara d’appalto nei tempi ristretti dettati dalla scadenza dei finanziamenti comunitari.
Il Ponte Leonardo
Variante alla SR 69 con il nuovo ponte sul Fiume Arno, Arezzo – 2014
Operare in Toscana pone quasi sistematicamente problematiche ambientali e in particolare paesaggistiche di rilievo, anche se, come in questo caso, si è trattato di realizzare una connessione più efficiente nella rete stradale della zona industriale di Montevarchi-Terranuova Bracciolini-San Giovanni Valdarno in provincia d’Arezzo, nota per la presenza degli stabilimenti Prada.
La riqualificazione su nuova sede dell’attuale SR 69, per un’estensione complessiva di circa 11 Km, rappresenta un intervento strategico di valorizzazione del territorio del Valdarno, poiché consente di fluidificare il traffico in entrata e uscita dall’omonimo casello autostradale della A1, migliorando l’accessibilità alle aree industriali del distretto conciario.
Di particolare valenza simbolica è il nuovo ponte che attraversa l’Area Ambientale Protetta del fiume Arno, progettato in collaborazione con l’Oficina de Proyectos Carlos Fernandez Casado, una delle più prestigiose firme internazionali nel settore.
Il nuovo ponte ha uno sviluppo di 495 metri e scavalca l’Arno e l’autostrada A1 con due campate principali in alveo sorrette da due archi inclinati in acciaio e tre campate minori laterali, una delle quali è stata varata a spinta sopra il tracciato autostradale. Agli archi metallici è stata data una forte inclinazione in maniera da esaltare l’effetto di congiungimento al vertice e quindi rafforzare l’effetto di gate di accesso alla zona industriale. Un’opera d’arte rappresenta il connubio tra la natura dei luoghi ospitanti e la funzione che vi si inserisce:
l’originalità è stata conservata attribuendo una forma scultorea alle pile che affrontano la corrente dell’Arno, la cui forma è determinata dalla necessità di accogliere la superfice inclinata inferiore dell’arco-trave principale (seguendo il criterio che è la funzione stessa che ispira la forma).
L’inserimento del ponte ha altresì considerato i problemi di una frana della prospiciente collina di Poggilupi che gravava sulla viabilità esistente e che avrebbe condizionamento quella futura. Un’attenta progettazione di opere di contenimento e stabilizzazione, pressoché invisibili, ha fornito la soluzione tecnica del dissesto idrogeologico e consentito il recupero paesaggistico dell’intero versante, oggi costeggiato dal nuovo tracciato stradale.
Il Ponte Unità d’Italia
Cavalcaferrovia della Fiera, Padova – 2012
Il ponte nasce quale intervento di ricucitura del tessuto urbano grazie al superamento della cesura causata dal fascio binari ferroviari in prossimità della stazione di Padova, creando una connessione stradale, pedonale e ciclabile, tra il quartiere residenziale dell’Arcella (posto a nord della ferrovia) e la zona ospitante la Fiera di Padova (posta a sud), a ridosso del centro storico, dell’area universitaria e direzionale.
L’intervento costituisce l’elemento più rilevante dell’asse di distribuzione urbana est/ovest, denominato “Arco di Giano” realizzato attraverso un PRUSST (Programmi di Recupero Urbano e Sviluppo Sostenibile del Territorio).
Obiettivo del progetto è stato quello di rispettare la presenza di abitazioni a ridosso della ferrovia e il Parco Milcovich che delimita a nord il punto di arrivo della nuova infrastruttura. Il ponte ha voluto dare la preminenza all’utilizzo ciclo pedonale, ponendolo direttamente al di sotto degli archi a spinta eliminata, utilizzati per il superamento con unico balzo sia della ferrovia sia della strada. La parte ciclo pedonale è separata da quella veicolare tramite vasche vegetate che incrementano l’aspetto urbano del ponte, trasformandolo quasi in un luogo d’incontro, ovvero una sorta di piccola piazza sospesa.
La strada parallela alla ferrovia è inserita in un importante collegamento urbano denominato “Arco di Giano” e da essa si staccano due rami di salita e discesa al ponte che corrono sui lati esterni dell’insieme principale arco trave.
In tal modo la funzione richiesta ha suggerito uno schema compositivo della sezione non convenzionale, che inverte quello più corrente in casi simili, che vede la parte stradale ricompresa tra gli archi e i percorsi pedonali all’esterno.
Interessante, inoltre, è anche il connesso ponte pedonale che costituisce la prosecuzione di quello principale sopra la ferrovia per l’accesso pedonale sul lato sud, mentre quello sul lato nord avviene attraverso un percorso realizzato su una collina artificiale delimitata dalla spalla del ponte sullo stesso lato. In tal modo si è inserita l’opera nel contesto verde del prospiciente parco, con un elemento che non incombe sulle vicine abitazioni.
Il Ponte sul Ticino
Progetto del nuovo ponte di Oleggio, Novara – 2016
Questo ponte non è ancora stato realizzato e rappresenta più di altri la ricerca del connubio dell’opera con l’ambiente naturale. È nato dalla necessità di fornire un collegamento stradale più idoneo a quanti dal Piemonte vogliano raggiungere l’aeroporto di Malpensa percorrendo la vecchia interregionale.
Il ponte esistente – elemento fisico di confine tra le regioni Piemonte e Lombardia – realizzato nel 1889, è una struttura tralicciata in ferro, a una singola corsia di marcia utilizzata in senso alternato, e quindi assolutamente inadeguata alle mutate esigenze di trasporto. La struttura, tuttavia, costituisce una preziosa testimonianza di archeologia industriale, rappresentando un esempio di quella radicale innovazione tecnica che, a partire dalla seconda metà dell’ottocento, fu resa possibile dall’impiego del ferro.
Questo ponte non è ancora stato realizzato e rappresenta più di altri la ricerca del connubio dell’opera con l’ambiente naturale. È nato dalla necessità di fornire un collegamento stradale più idoneo a quanti dal Piemonte vogliano raggiungere l’aeroporto di Malpensa percorrendo la vecchia interregionale.
Il ponte esistente – elemento fisico di confine tra le regioni Piemonte e Lombardia – realizzato nel 1889, è una struttura tralicciata in ferro, a una singola corsia di marcia utilizzata in senso alternato, e quindi assolutamente inadeguata alle mutate esigenze di trasporto. La struttura, tuttavia, costituisce una preziosa testimonianza di archeologia industriale, rappresentando un esempio di quella radicale innovazione tecnica che, a partire dalla seconda metà dell’ottocento, fu resa possibile dall’impiego del ferro.
L’area interessata dagli interventi risulta fortemente vincolata dal punto di vista ambientale in quanto è ricompresa nell’ambito del Parco fluviale del Ticino, la cui superficie si estende su entrambe le rive appartenenti alle due regioni citate.
Il vincolo rappresentato dall’ambiente naturale fluviale ha portato alla scelta di lavorazioni, ad esempio per le fondazioni, che perseguissero il più ridotto impatto possibile della fase realizzativa. Ma non si poteva non considerare la determinante presenza dello storico “lattice bridge” che costituiva di per sé un elemento consolidato del contesto ambientale e di cui si ipotizzava il declassamento a ponte destinato ai percorsi ciclabili d’area, dopo un adeguato restauro conservativo.
Si è pertanto adottata una forma che richiamasse in termini moderni quella della “gelosia” (ossia del reticolo che caratterizzava il prospetto del ponte storico): uno schema di ponte reticolare, con sistema misto di calcestruzzo precompresso per l’impalcato, “corda” superiore di chiusura e pareti formate con elementi lineari metallici a formare il reticolo. Si tratta, chiaramente, di una forma inusuale che ha comportato l’impiego di modelli specifici e la concezione di peculiari modalità costruttive.
Il Ponte della Becca
Documento di Fattibilità del nuovo Ponte della Becca, Pavia – 2021
Il Ponte della Becca è stato realizzato nel 1912 alla confluenza tra Po e Ticino, in provincia di Pavia, con l’obiettivo di rendere stabile – e dunque non più soggetto alle condizioni dei due fiumi – il collegamento tra l’Oltrepò e il resto della Lombardia. Oggi, il Ponte della Becca costituisce un elemento imprescindibile del paesaggio, dell’identità del luogo e della memoria collettiva.
Dopo oltre 100 anni dalla sua costruzione, tuttavia, il ponte esistente non risulta più in grado di svolgere appieno la sua funzione. Concepito per un traffico diverso da quello attuale, per volumi e caratteristiche dei mezzi, attualmente impone forti limitazioni al transito: divieto ai mezzi pesanti, ad esclusione di quelli del Trasporto Pubblico e di emergenza, e limiti di velocità a 50 km/h con varchi di accesso per i veicoli leggeri.
Da qui, la decisione della Regione Lombardia di avviare l’iter per la realizzazione di una nuova opera di scavalco con un bando per la redazione del Documento di Fattibilità, suddiviso in due fasi: l’individuazione e confronto delle alternative e l’approfondimento progettuale della soluzione preferibile.
Il progetto è stato sviluppato in modo da consentire una visione a 360 gradi sia dell’intervento che del contesto in cui si colloca, concepiti non solo come sistemi interdipendenti, ma come un unico sistema complesso. Gli obiettivi di efficienza tecnica ed economica, di sicurezza idraulica, di tutela dell’ambiente e dei beni collettivi (tra cui il paesaggio e la memoria) sono, dunque, stati incrociati con le opportunità e i vincoli riconosciuti attraverso le analisi dei sottosistemi coinvolti (mobilità, contesto idraulico, ambiente naturale e antropizzato, tecniche costruttive, etc.). Da questo processo sono scaturite una serie di alternative progettuali differenti tra loro per localizzazione e soluzione architettonico-strutturale.
La ricostruzione del quadro esigenziale ha preso le mosse da uno studio trasportistico che ha permesso di stimare la domanda di traffico che la futura infrastruttura dovrà soddisfare, tenuto conto dell’evoluzione della domanda stessa e anche della possibile chiusura al traffico, per obsolescenza, di altri ponti sul Po nella stessa area.
La stima dei flussi veicolari sul ponte è stata utilizzata anche per la verifica delle soluzioni progettuali proposte, mediante microsimulazione delle intersezioni di raccordo della nuova viabilità con quella esistente e simulazione degli impatti acustici della nuova infrastruttura.
Insieme alla proposta di conversione a diverso uso del ponte esistente, le proposte progettuali individuate sono state sottoposte ai principali stakeholder istituzionali, le cui osservazioni hanno contribuito ad allargare ulteriormente la visione di insieme sul progetto.
La successiva fase di confronto delle alternative è stata condotta attraverso un approccio che si basa sull’Analisi Costi-Benefici e su un’Analisi Multi-Criteria che prende le mosse dal sistema di rating Envision™ e dal Life Cycle Assessment, grazie al quale è stato possibile valutare gli aspetti legati alla sostenibilità ambientale, sociale ed economica di ogni proposta, con riferimento all’intero ciclo di vita utile dell’opera.
Da qui ne è scaturita un’indicazione chiara e confrontabile sulle caratteristiche di efficienza economica e sulle prestazioni complessive delle singole alternative, consentendo una rapida valutazione della soluzione preferibile da sottoporre ad approfondimento progettuale.
Dal punto di vista architettonico-strutturale, il nuovo Ponte della Becca è caratterizzato da sequenze di antenne di ancoraggio che ne rendono riconoscibile la forma. L’intera opera di scavalco è costituita da un ponte estradossato di 720 metri con 6 campate centrali di 100 metri e 2 campate laterali di 60 metri, e da due viadotti di approccio di lunghezza pari a 530 metri (viadotto a nord) e 1275 metri (viadotto a sud), con campate centrali da 50 metri e laterali da 40.
Il Ponte sul Brenta
Ponte Ferroviario, Padova (Italia) – 2021
Il progetto definitivo per il raddoppio dell’attraversamento ferroviario del fiume Brenta rappresenta uno degli interventi più significativi nell’ambito dell’attuazione del Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale del Veneto (SFMR), in quanto si appresta a completare la configurazione a doppio binario dell’intera linea Padova – Castelfranco Veneto che insiste su un corridoio merci internazionale di primaria importanza: l’Adriatico-Baltico.
Il progetto ha avuto lo scopo di superare il fiume Brenta in prossimità della città di Padova con un’unica campata di 100 metri, al fine di evitare qualsiasi interazione con il flusso idraulico sottostante. La dimensione della luce della campata, già di per sé ragguardevole, lo diviene ancor più considerando che si tratta di un ponte ferroviario che ospita un doppio binario di un tratto di ferrovia lungo complessivamente circa 1900 metri, destinato alla duplicazione della linea. Con i suoi 100 metri di luce libera, quindi, la struttura di attraversamento del Fiume Brenta è effettivamente uno dei ponti ferroviari a campata unica più lunghi d’Italia.
Inoltre, l’infrastruttura progettata da NET Engineering ha mirato a eliminare le forti criticità dal punto di vista idraulico del ponte esistente. Per far questo, oltre alla costruzione del nuovo impalcato a una quota maggiore, è stato indispensabile collegare il tracciato esistente a quello nuovo con una pendenza contenuta al fine di mantenere le prestazioni della linea.
Nel campo dei ponti ferroviari in Italia ci si trova al limite dimensionale superiore: infatti, l’opera è un ponte ad arco a spinta eliminata (Tie-arch bridge) con schema di sospensione a pendini verticali (Langer) ed è inteso a superare le limitazioni fino ad oggi poste in Italia in questo campo. L’utilità dell’opera è
dell’infrastruttura ferroviaria con ovvi vantaggi ambientali, ma soprattutto nella maggiore sicurezza introdotta nella stessa. A ridosso del ponte insiste un ambito paesaggistico fluviale interessante caratterizzato dalla presenza di “percorsi vita” molto frequentati, inserito in un ambito urbanizzato di cui costituisce, di fatto, il polmone verde. Al fine di armonizzare l’ambito tecnologico ferroviario con la valenza del contesto, è stata centrale la cura della forma oltre che della funzione. Si è studiata per l’arco una forma il più ribassata possibile, ricomprendendo le barriere fonoassorbenti all’interno della struttura principale, secondo uno schema innovativo rispetto agli standard della Rete Ferroviaria Italiana.