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Il contributo della Sharing Mobility alle nuove politiche di sviluppo urbano

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Mobilità sostenibile per città a misura d’uomo

LUIGI LICCHELLI

Nel report Il monitoraggio dei servizi di sharing mobilty redatto dall’Osservatorio Nazionale Sharing Mobility si legge: “Un servizio di vehiclesharing si articola in base al modo con cui sono declinati quattro principali aspetti organizzativi: tipo di veicolo, modello operativo, modello economico, modello di governance”. In particolare, il modello operativo descrive le combinazioni tra diversi fattori, tra i quali riveste un ruolo primario la dislocazione dei veicoli a noleggio all’interno del contesto urbano di riferimento. È quindi possibile disporre di veicoli presso predefiniti stalli di sosta o in modo variabile all’interno dell’area di competenza dell’operatore che eroga il servizio. È certamente vantaggioso per gli operatori del settore poter creare aree di sosta dedicate in corrispondenza dei grandi hub intermodali (principalmente aeroporti e stazioni). Quali azioni è necessario prevedere nelle fasi di progettazione infrastrutturale dei grandi hub per promuovere la sharing mobility? E quali mettere in campo per ridurne i costi di gestione?

Luigi Licchelli – Gli hub intermodali consentono di offrire soluzioni di mobilità multimodale agli utenti, che in questi contesti possono facilmente passare dalla modalità treno o aereo a servizi di vehiclesharing con i quali concludere il proprio viaggio. Diversi sono gli elementi che potrebbero accrescere l’efficienza di questi hub dal punto di vista sia del cliente, che degli operatori. Innanzitutto, in vista dell’elettrificazione delle flotte – che sta avvenendo in modo marcato nei servizi di car sharing, a partire non solo dalle richieste presentate dagli utenti, dal mercato e dalle amministrazioni comunali, ma anche dalle convinzioni degli stessi operatori, che con consapevolezza scelgono di elettrificare le flotte al fine di ridurre il proprio impatto in termini ambientali – sono indispensabili colonnine di ricarica ad alta efficienza in grado di ricaricare numerosi veicoli in poco tempo –

sebbene i costi siano notevolmente più alti e sebbene il maggior valore aggiunto nell’impatto ambientale risieda soprattutto nel concetto di condivisione del mezzo. Fondamentali sono anche le stazioni per il lavaggio dei mezzi, così come le officine per le piccole riparazioni. Non bisogna, infatti, dimenticare che le auto destinate ai servizi di sharing devono essere pulite, manutenute, rifornite e ricollocate 24 ore su 24. Gli spazi per il lavaggio e la riparazione potrebbero essere condivisi con tutti gli operatori di vehiclesharing presenti all’interno dell’hub intermodale, permettendo di ridurre i costi e offrire un prezzo più contenuto all’utente finale. Il tema del contenimento dei costi è di primaria importanza, perché la complessità che c’è dietro a ogni singolo veicolo è davvero elevata e va decisamente oltre il costo di acquisto e di assicurazione.

Sono diverse le città europee – e non solo – nelle quali si stanno portando avanti importanti progetti di trasformazione urbana con l’obiettivo di restituire allo spazio pubblico la sua identità originale, riportandolo al centro della vita degli abitanti. Le piazze, in primis, stanno tornando a essere luoghi centrali della vita dei quartieri: non più enormi aree di sosta per automobili, ma zone da vivere attraverso aree verdi, spazi per pedoni e biciclette, negozi più accessibili, attraversamenti più sicuri e meno traffico. In che modo gli operatori del car sharing possono aderire, farsi promotori e trarre vantaggio dalle nuove politiche di sviluppo urbano?

LL – Diversi sono i trend che si stanno diffondendo nell’ambito delle politiche di mobilità urbana e urbanistica, diversi sono i passi in avanti che le amministrazioni comunali stanno compiendo con l’obiettivo di rendere le città a misura d’uomo, diverse sono le problematiche che ancora oggi i centri urbani affrontano in questo ambito.
Traffico e inquinamento impattano moltissimo sulla vivibilità delle città: tuttora grandi aree di sosta destinate a veicoli che restano fermi per il 90% del tempo occupano quello spazio pubblico che potrebbe essere destinato ad altri utilizzi. È indispensabile, quindi, ri-progettare i centri urbani prevedendo grandi aree verdi in grado di abbassare il calore cittadino e contenere gli impatti del cambiamento climatico.
Come operatori di car sharing contribuiamo ampiamente in questi processi: le nostre automobili si muovono molto di più di un’auto privata, riducendo il numero di stalli di parcheggio necessari e ottimizzando l’utilizzo del mezzo. Alcune ricerche condotte dal Massachusetts Institute of Technology dimostrano che la diffusione dei servizi di vehiclesharing ridurrebbe sensibilmente la necessità di aree di sosta, generando un risparmio sull’utilizzo dello spazio pubblico pari a oltre l’80%.
Parallelamente, una ricerca condotta nel 2021 dal Centro Studi Fleet&Mobility e centrata sulla città di Roma dimostra come 20.000 macchine in sharing genererebbero una riduzione di 220.000 auto private in circolazione, con evidenti benefici dal punto di vista ambientale,

restituzione di spazi pubblici ai cittadini, allargamento dei marciapiedi, diffusione di corsie per la mobilità attiva, promozione di iniziative per il recupero di interi quartieri. È quindi evidente che nel percorso verso la riduzione degli inquinanti in ambito urbano, il car sharing ricopre un ruolo fondamentale.
Non basta, però, impostare un’urbanistica diversa da quella a cui abbiamo fatto ricorso sino ad ora per generare cambiamenti nelle abitudini dei cittadini. Nell’ottica di introdurre con gradualità un processo, il car sharing può svolgere un ruolo importante per assecondare il cambiamento e attutirne gli effetti sulle abitudini quotidiane delle persone. I fattori climatici (caldo, freddo, pioggia), solo per fare un esempio, influenzano fortemente le scelte di mobilità, rendendo spesso difficile il passaggio dall’auto privata al mezzo pubblico o alla bicicletta. Il car sharing diventa, dunque, alterativa efficace e molla verso nuove abitudini.
Come operatori di car sharing, da quando siamo nati abbiamo provato a portare avanti un’operazione di carattere culturale oltre che commerciale. Questo tipo di azione è risultata efficace nei confronti delle nuove generazioni, che oggi hanno meno propensione all’acquisto di un’auto privata, grazie ad una maggiore consapevolezza relativamente agli effetti che gli inquinanti generano in termini di cambiamenti climatici, ma anche relativamente ai costi di acquisto e mantenimento di un’auto.
I servizi di car sharing sono dunque opportunità per generare quel cambiamento culturale che speriamo di vedere sempre più diffuso nelle nuove generazioni.

Affinché la sharing mobility possa affermarsi in via definitiva nel nostro Paese è necessario introdurre nuove politiche di mobilità che puntino a modificare le abitudini dei cittadini. Quali, dal suo punto di vista, dovrebbero essere le priorità dell’agenda politica in questo ambito? Quali i best case internazionali a cui guardare e dai quali trarre ispirazione?

LL – Nel nostro Paese è certamente importante incentivare quei meccanismi che inducono le persone a riflettere sulle proprie scelte di mobilità. ZTL, aree di sosta a pagamento e congestion charge possono essere molto efficaci nello stimolare i cittadini verso la valutazione di forme alternative di spostamento. Basti pensare che l’Area C a Milano ha ridotto, da un giorno con l’altro, il 30% delle auto nelle zone interessate. Idealmente il tutto andrebbe accompagnato da accorgimenti che contemperino possibili effetti distorsivi dal punto di vista economico sociale.
Purtroppo, in Italia il Covid ha portato a un ritorno al passato in termini di utilizzo dell’auto privata. Ma non è stato così ovunque: a Londra, sapendo che la pandemia avrebbe aumentato il traffico privato, si è accresciuto il costo di accesso alla congestion charge, evitando – di fatto – che i cittadini tornassero ad utilizzare l’auto privata. È quindi evidente che le scelte delle amministrazioni possono avere grande influenza sui comportamenti dei cittadini in termini di mobilità.
Anche le politiche tariffarie relative alle aree di sosta all’interno dei centri urbani possono disincentivare l’uso dell’auto privata e quindi stimolare il cambiamento delle scelte di mobilità a favore del car sharing, della mobilità attiva e del TPL.

Ne sono un esempio virtuoso New York – che ha attuato diversi interventi di urbanismo tattico, accrescendo e allargando le aree pedonali – e Amsterdam dove, nelle zone di nuova costruzione, vengono contingentati i permessi di parcheggio anche per gli stessi residenti.
La situazione in Italia è, purtroppo, molto diversa. Solo per fare un esempio, a Milano – città che sta cercando di attuare politiche innovative – il pagamento dell’Area C e dei parcheggi su strada è stato sospeso durante la pandemia, favorendo l’uso dell’auto privata a detrimento anche dello stesso TPL. Non solo, i veicoli in sharing possono accedere all’AREA C ma non possono accedere alle ZTL e quindi i residenti in quelle zone non hanno la possibilità di avvicinarsi alla propria abitazione o sostare dove possono invece parcheggiare la propria auto.
È, dunque, indispensabile che le amministrazioni comunali italiane comprendano, innanzitutto, che i costi di gestione del car sharing sono superiori a quelli di qualsiasi altra forma di mobilità in condivisione e, in secondo luogo, che gli operatori di questo settore sono attori indispensabili per l’attuazione delle politiche di sostenibilità di cui diversi capoluoghi si stanno facendo da tempo promotori.

Luigi Licchelli – Romano, un background nel mondo dei media. Dal 2014 in car2go poi SHARE NOW, azienda leader nel settore del carsharing. Responsabile Business Development e Public Affairs per l’Italia.

Fondatore e vicepresidente di Assosharing, associazione nazionale di aziende di mobilità in condivisione, con responsabilità per il carsharing.

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La svolta ecologica delle città